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Il primo vaccino contro la malaria

By May 5, 2020December 4th, 2021No Comments
NATIONAL GEOGRAPHIC

Il primo vaccino contro la malaria accende la speranza. Ma riuscirà a vincere la malattia?
In Kenya, Malawi e Ghana i bambini stanno ricevendo il primo vaccino della storia contro la malaria. Ma è improbabile che riesca da solo a debellare la malattia.

MALAVA, KENYA – In un mattino soleggiato, fuori da un ospedale nel Kenya occidentale, sulle panchine di legno siedono 20 mamme circa, con in braccio i loro piccoli. Avvolti in coperte colorate e stoffe in stile kitenge, uno per uno i bimbi ricevono la puntura con il vaccino. E uno per uno, piangono. Pole baby — scusa, piccino — dice l’infermiera. Ma la puntura vale il dolore: questi bambini sono i primi a ricevere il primo vaccino della storia contro la malaria, una delle malattie più mortali al mondo.

Centinaia di migliaia di bambini nelle regioni del Kenya, Malawi e Ghana, fortemente colpite dalla malaria, stanno ricevendo il vaccino RTS,S che gli esperti sanitari occidentali celebrano come uno straordinario strumento nella lotta globale alla malattia. Ma dopo 35 anni e centinaia di milioni di dollari spesi per il suo sviluppo, alcuni dei sanitari africani si chiedono se il vaccino valga il suo costo.

Ogni anno la malaria infetta 228 milioni di persone circa, e ne uccide 430.000, la maggior parte in Africa, e sono soprattutto bambini. Trasmesso dalle femmine di zanzara Anopheles, il parassita che causa la malaria provoca febbre, letargia e brividi. Può costringere un adulto a letto per settimane, impedire ai bambini di frequentare la scuola per lunghi periodi e gravare sulle famiglie con pesanti oneri per le spese mediche.

È il caso di Violet Wachiya, 24 anni. Nata in una famiglia del Kenya occidentale che viveva della coltivazione della canna da zucchero e allevamento, a 12 anni ha dovuto lasciare la scuola dopo il ricovero in ospedale in seguito a un forte attacco di malaria. Era spossata, le articolazioni le facevano male, e presto sono cominciati anche i problemi alla vista. “Non riuscivo a vedere bene”, dice. Il conto dell’ospedale arrivò a 34.000 scellini kenioti (circa 290 €). Per pagarlo, la sua famiglia dovette vendere quattro delle loro otto mucche e alcune capre.

Wachiya dice che non vuole che lo stesso capiti a suo figlio di dieci mesi, Prince Jackson. Ecco perché il mese scorso l’ha avvolto in una felpa bianca e blu e lo ha portato in un ospedale della contea rurale di Kakamega per la somministrazione della seconda dose del nuovo vaccino antimalarico (ai bambini viene somministrata la prima di quattro dosi a sei mesi di età, e l’ultima a due anni). Ora, “anche se il bambino prende la malaria, non sarà in forma grave”, dice Wachiya.

Dopo l’iniezione, Wachiya riporta Prince Jackson a casa, nel villaggio circondato dalle canne da zucchero. Nella loro piccola casa un altoparlante diffonde la musica di Luya mentre da un videogioco arrivano lampi di luce colorata, e ogni tanto parte Waka Waka di Shakira, la canzone ufficiale dei mondiali di calcio 2006 in Sudafrica. Davanti a una parete grigia di cemento c’è la sedia dove si accomodano le donne dei dintorni per farsi acconciare i capelli da Wachiya, e dove suo marito, Vincent Olang’, barbiere e imbianchino, rasa i capelli ai bambini per 10 scellini (10 cent).

La sera, la famiglia si ritira in camera, si infila sotto una rete antizanzara blu, e dorme su un materasso sul pavimento. La rete li protegge dal rumoroso sciame di zanzare che ronza intorno alla latrina poco fuori casa. “Fanno un rumore così forte che sembrano api”, dice Olang’. Attraversa il piccolo pezzo di terra coltivata di proprietà della sua famiglia per mostrarci una palude appena dietro la casa. “Quando il fiume esonda, i campi si allagano, e l’acqua stagnante porta le zanzare”, spiega.

Nel tentativo di drenare l’acqua stagnante, lo zio di Vincent, Benson Musotsi, ha scavato delle profonde trincee che attraversano il campo, ma è servito a poco. Spera che il nuovo vaccino contro la malaria funzioni meglio per proteggere gli abitanti della Contea di Kakamega. “Una volta vaccinati, finalmente non prenderanno più la malaria”, dice Musotsi. “Anche se le zanzare ti pungono, non possono trasmetterti la malattia”.

Ma Musotsi potrebbe sbagliarsi. Nelle sperimentazioni cliniche il vaccino RTS,S ha diminuito i casi di malaria del 39%, e i casi gravi del 29%. Rispetto ai vaccini per la maggior parte delle altre malattie che sono efficaci all’85-95%. Il nuovo vaccino è ancora meno efficace se i bambini non ricevono tutte e quattro le dosi, che è molto probabile che accada qui, dato che molte famiglie rurali vivono lontano dalle strutture sanitarie.

Negli ultimi 20 anni le iniziative globali anti-malaria hanno evitato oltre 663 milioni di casi salvando 6,8 milioni di vite e riducendo i costi sanitari di quasi un miliardo di dollari nella sola Africa subsahariana, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ma nessuna di queste misure era un vaccino. Il merito va piuttosto all’irrorazione con insetticidi, alle zanzariere da letto e ai farmaci antimalarici.

Uno studio ha stimato che il vaccino contro la malaria sarà quasi tre volte più caro, in media, della distribuzione di zanzariere da letto, per ottenere gli stessi miglioramenti nella situazione sanitaria. Data la scarsità dei fondi disponibili, alcuni sanitari in Kenya temono che i soldi vengano spesi male.

heila Musungu, di quattro anni, è sdraiata su un lettino in un affollato reparto di ospedale, si muove appena, non è del tutto sveglia. Le zanzare le ronzano intorno. “Non mangia”, dice sua madre. “Vomita, è stanca”.

Sheila ha contratto la malaria mentre era in ospedale. Sua madre ce l’aveva portata a gennaio per una trasfusione di sangue, ma siccome non poteva pagare l’ospedale, Sheila ci è rimasta per mesi, su un lettino senza zanzariera. Se ne avesse avuta una, probabilmente l’avrebbe protetta dalla malaria. Nessuno degli altri circa 20 pazienti del reparto ha una zanzariera.

“Sono qua da due anni, e in questi due anni non abbiamo mai ricevuto zanzariere”, dice l’infermiera in turno, Petronilla Buyaki, di 28 anni. Gli operatori sanitari kenioti dicono che i donatori internazionali avevano promesso una fornitura gratuita di zanzariere, ma non è mai arrivata.

Una zanzariera costa circa 5€ sul mercato locale. È il costo giornaliero dell’ospedalizzazione di Sheila. La sua famiglia deve all’ospedale ormai oltre 27.000 scellini kenioti (circa 230€). Fino a che non pagano, Sheila continuerà a stare lì, senza alcuna protezione dalle zanzare, giorno dopo giorno.

Una cosa è certa: le zanzariere da sole non risolvono il problema della malaria. Diversamente da Sheila, la maggior parte delle persone non può stare tutto il giorno a letto sotto la zanzariera. Ma a parte questo, dice Desmond Chavasse, che lavora al controllo della malaria in Kenya per la ONG PSI, “Abbiamo già ottenuto il grosso dei benefici che possiamo ottenere” dall’uso delle zanzariere. Questo a causa di quello che molti addetti allo sviluppo internazionale chiamano il problema “dell’ultimo miglio”: la crescente difficoltà di portare gli interventi sanitari alle persone più isolate. Afferma che sono necessari nuovi strumenti ,come un vaccino, per colmare la lacuna.

I sanitari come Buyaki dicono che accetteranno qualsiasi tipo di aiuto potranno ricevere. “Quasi un caso su due è di malaria qui”, dice Buyaki guardandosi intorno nel reparto. Il vaccino sarebbe una gran cosa, ma sarebbe grata di ricevere anche solo qualche decina dei dispositivi più economici, ma efficaci, che già esistono. “Le zanzariere, abbiamo bisogno di quelle, per ora”.

Nel 1972 gli scienziati cinesi scoprirono l’artemisinina, un farmaco ora usato in tutto il mondo per trattare la malaria e che ha salvato milioni di vite. Ora alcuni scienziati cinesi ritengono che le terapie basate sulla combinazione dell’artemisinina (Artemisinin Combination Therapies, ACT) possano essere utilizzate per un nuovo scopo: prevenire la malaria. Somministrando le ACT a un’intera comunità contemporaneamente, un processo chiamato “somministrazione farmacologica di massa” (Mass Drug Administration, MDA), gli scienziati possono ridurre i livelli del parassita della malaria nel sangue umano in modo che le zanzare non lo contraggano e non lo trasmettano ad altre persone.

“Il ciclo di vita di una zanzara è di 30 giorni”, spiega Ethan Peng, Senior Manager in Kenya per l’azienda cinese New South, che produce ACT. “Con la medicazione di massa possiamo eliminare la fonte del problema dalla popolazione umana, così le zanzare non potranno riprendere il parassita della malaria” nel loro breve ciclo di vita.

Gli scienziati cinesi hanno già usato la MDA per eliminare la malaria su tre delle quattro isole che compongono lo stato africano delle Comore.

“L’eliminazione [della malattia] è piuttosto nuovo” come concetto, dice Rebecca Kiptui, che ha lavorato con New South per sviluppare una sperimentazione di MDA in Kenya per conto del National Malaria Control Program. “La domanda è: la MDA è realizzabile in un’area in cui la malaria è endemica? Questo modello è replicabile altrove?”

Kim Lindblade del Global Malaria Program, dell’OMS, dice che è improbabile che il successo del caso delle Comoro si possa replicare nell’Africa continentale. “Non ci sono casi simili da nessun’altra parte. Perché? Perché è un’isola”, dice Lindblade. “Se c’è un posto dove può funzionare, è lì”.

Ciò su cui gli scienziati sono d’accordo è che se non vengono sviluppati nuovi modi per arrestare la malattia, i progressi fatti contro la malaria non solo rallenteranno: la tendenza si invertirà. Questo perché il parassita che causa la malaria sta diventando resistente ai farmaci e agli insetticidi usati per trattarla. Questa resistenza ha già contribuito a un aumento dei decessi in Africa e Asia. Nel 2018 il Kenya ha registrato 11 milioni di casi di malaria, rispetto agli 8 milioni dell’anno prima.

“Alcune delle mutazioni che sono state identificate nell’Asia sudorientale sono le stesse che abbiamo nel Kenya occidentale”, dice il Dr. Bernhards Ogutu, un ricercatore che studia la malaria per il Kenya Medical Research Institute. “In poco tempo, se si verificano una o due mutazioni in più…” alza le mani al cielo, preoccupato. “La gente non vuole cambiare l’attuale modo di fare le cose, ma se continuiamo a mantenere le cose come sono, tra otto anni vedremo un aumento della malattia”.

La corsa per trovare un rimedio è iniziata, dice Ogutu. “Dobbiamo uscire dalla modalità di attesa” e iniziare a lavorare sull’eradicazione della malattia. Ma questo richiederà molto denaro. L’obiettivo dell’OMS è di ridurre la malaria del 90% in tutto il mondo entro il 2030, ma secondo uno studio pubblicato su Lancet, ci vorranno altri 2 miliardi di dollari, oltre ai 4,3 miliardi che attualmente vengono spesi ogni anno.

Per quanto li riguarda, Musotsi e la sua famiglia non si affidano a una sola soluzione per proteggersi dalla malaria. “Ci sarà un momento in cui la disponibilità del vaccino diminuirà”, suppone Musotsi. “Allora le zanzariere saranno ancora utili”.


Fonte: https://www.nationalgeographic.it/scienza/

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